Per Vico e il fascismo italiano, l’ebreo Spinoza padre di molti mali (tra cui lo Ius soli)

Destino di Spinoza quello di subire processi. In ogni tempo e ad ogni latitudine. Anche il fascismo italiano provò a intentargliene uno attraverso una serie di articoli e dichiarazioni di esponenti del partito apparse su alcuni giornali fascisti tra il 1939 e il 1942. Gli articoli sono stati recentemente raccolti e pubblicati dalla casa editrice Minimamoralia in un testo dal titolo Il razzismo italiano e Spinoza. Grazie ad essi veniamo a conoscenza di un atteggiamento spesso idiosincratico, a volte ondivago, altre volte impreciso sul modo di considerare alcune dottrine del filosofo ebreo-olandese. All’inizio del periodo razzista, che inizia con il manifesto a difesa della razza, alcuni credono anche di utilizzare la scomunica di cui fu fatto oggetto il filosofo per provare l’intolleranza fanatica e intransigente del popolo ebreo. Tentativo che dura poco nel momento in cui anche il fascismo comprende che quello di Spinoza è un pensiero che ha nell’ebraismo il suo radicamento.

 

L’articolo più importante porta la firma di Giovanni Preziosi, ex prete molto legato a Roberto Farinacci, segretario del partito nazionale fascista. Direttore del mensile La vita italiana, Preziosi fu colui che fin dalla prima ora del fascismo agitò nel modo più deciso la bandiera dell’antisemitismo, senza tuttavia riscuotere particolari consensi. La sua posizione divenne più significativa dopo le leggi razziali del 1938.
Preziosi sollevava il caso Spinoza facendo riferimento ad uno scontro tra due docenti universitari verificatosi all’università di Milano in merito all’insegnamento della dottrina filosofica del pensatore ebreo-olandese. Preziosi, schierandosi con il docente che si era levato contro Spinoza, accusato di pensiero giudaico dissolvitore e lievito di tutte le sedicenti scuola di filosofia, corroborava il suo giudizio invocando altre autorità intellettuali. La prima era quella di un professore della pontificia università Gregoriana, il padre gesuita Paolo Siwek, il quale riconduceva bolscevismo e liberalismo al pensiero di Spinoza. Rispetto al bolscevismo, Spinoza avrebbe fornito le basi filosofiche al marxismo con il suo ateismo, l’amore per la libertà senza ostacoli, la nozione materialista della morale, la concezione naturalista dello Stato e soprattutto la guerra contro ogni pregiudizio religioso. Rispetto al liberalismo, Spinoza ne sarebbe stato il fondatore per via della sua concezione del diritto naturale che porrebbe, insieme alla dottrina dell’amore intellettuale, le basi del più sfrenato egoismo. Così, conclude il docente della Gregoriana, «senza appartenere né all’uno né all’altro, egli (Spinoza, ndr) ha tuttavia enunciato dei principi che costituiscono la base razionale dell’uno e dell’altro, e può, a questo titolo, essere considerato come il padre dell’uno e dell’altro». La seconda autorità chiamata in causa dall’accusa di Preziosi era addirittura Giambattista Vico per il quale, secondo un’edizione curata da F. Mosca della Scienza nuova, Spinoza «perché ebreo, aveva trovato una metafisica atta a rovinar tutti gli Stati e a favorire il puttanesimo».
Le accuse di Preziosi inducevano il docente che aveva preso le difese dell’ebreo Spinoza, il prof. Luigi Bariè, ad una risposta articolata indirizzata al direttore de La vita italiana. Nella lettera Bariè osservava innanzi tutto che certe grandezze come quella di Spinoza non andavano vilipese, «specie se la loro attività è di carattere puramente filosofico e risale a tre secoli indietro». Bariè faceva poi notare che il giudizio di Vico su Spinoza doveva essere visto alla luce della terza edizione della Scienza nuova del 1744 dove le osservazioni negative venivano rimosse (insieme a quelle relative a Cartesio e a Locke) segno che il pensatore napoletano aveva rivisto il suo giudizio.
L’ultimo articolo, quello di Goffredo Pistoni, faceva piazza pulita di tutte le autorità o le discussioni che vertevano attorno alle opinioni di taluno o a talatro filosofo, per andare al centro della questione fondamentale, quella cioè del diritto naturale. Lo scrivente si domandava retoricamente se fosse fascista il pensiero spinoziano secondo cui, come si legge nel Trattato Politico, «il diritto naturale non è annullato dallo stato civile, perché tanto nello stato di natura che nella società l’uomo agisce secondo le leggi della sua natura e mira al proprio utile» (TP, cap. III, § 2). La risposta è evidentemente negativa per una concezione, quella fascista dello stato, che tende ad annullare il diritto naturale per risolvere i diritti dell’individuo in quello dello Stato.
Spicca anche, per l’attualità del tema, il rifiuto fascista delle idee di Spinoza sul conferimento della cittadinanza in quanto contrarie al principio puro del sangue: «Se uno straniero sposerà la figlia di un cittadino, i suoi figli avranno diritto di cittadinanza, e saranno iscritti nel registro della famiglia della madre. Quelli poi che sono nati da genitori stranieri potranno acquistare il diritto di cittadinanza mediante una somma determinata presso i chiliarchi di una famiglia e farsi iscrivere nel registro di quella» (Trattato politico, VI, 32). Concezione, quella di Spinoza, all’epoca fin troppo all’avanguardia se si pensa che in Italia soltanto nel 1992 è stata introdotta la norma che prevede il conferimento della cittadinanza anche al figlio di madre cittadina. Non parliamo nemmeno dell’idea di introdurre la possibilità di acquisto della cittadinanza, forma temperata di ius soli, ancora oggi considerato una vera e propria forma di tabù nel nostro Paese.

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Il vero giudizio di Vico
Nell’introduzione dell’edizione del 1730 della Scienza nuova, Vico scriveva che, siccome Spinoza, «perché ebreo, non aveva niuna repubblica, trovò una metafisica da rovinare tutte le Repubbliche del mondo». Come si vede non compare l’aggiunta che la sua metafisica sarebbe “atta a favorire il puttanesimo” che deve così ritenersi una interpolazione del tutto arbitraria introdotta dall’autore fascista dell’articolo. Va anche aggiunto a questo proposito che un manoscritto del 1730 non esiste in quanto gli unici volumi manoscritti sono quelli delle correzioni, miglioramenti e aggiunte; la stesura autografa del testo diventò invece la versione definitiva del 1844. Vero invece il fatto che, nell’edizione della Scienza nuova del 1744, scompare il biasimo nei confronti di Spinoza così come era stato enunciato nell’edizione del 1730 (ma non il giudizio generale di sfavore espresso in quell’altra formula secondo cui Spinoza «parla di repubbliche come d’una società che fosse di mercadanti»)*.

In generale l’operazione di raccogliere e pubblicare gli articoli del fascismo su Spinoza è stata sicuramente interessante anche se l’editore avrebbe potuto svolgere un’analisi più approfondita del tema (magari aggiungendo un’introduzione ad hoc oltre alla postfazione sul problema del male in Spinoza e Schopenhauer a cura di Sossio Giammetta) per verificare altri articoli o dichiarazioni di esponenti del partito o di magistrati contro il sistema filosofico del pensatore ebreo-olandese. Come ad esempio quello di Carlo Costamagna, magistrato, deputato della Camera del Regno e uno dei firmatari del manifesto della razza, il quale già nel 1938 sulla rivista Lo Stato scriveva che «dal giorno in cui Baruch Spinoza è comparso nella scena della filosofia ha fatto un grande passo in avanti l’opera distruttiva di quella morale tradizionale, fideista e positiva, che aveva sostenuto per millenni la compagine delle nazioni dell’Europa. La morale matematica del pensatore giudaico-olandese ha aperto la via alla morale formale dell’idealismo che oggi ancora, con diverso accento, Benedetto Croce e Giovanni Gentile vorrebbero predicare alla gioventù italiana del Littorio». Costamagna fu anche redattore di numerose voci del Dizionario di politica che si distingueva, come la dichiarazione di cui sopra, in senso marcatamente antigentiliano. Ulteriore dimostrazione, come ripete da anni Emanuele Severino, che non fu Gentile ad essere fascista quanto piuttosto il fascismo ad essere gentiliano (evidentemente, aggiungiamo noi, senza troppa volontà di riuscirci).

* Ringrazio Manuela Sanna, curatrice assieme a Paolo Cristofolini dell’edizione critica della Scienza Nuova di Vico, per la preziosa consulenza prestatami.

Insegnante con dottorato di ricerca in Filosofia. Vive e lavora a Nocera Umbra, autore del podcast che prende il nome dal suo motto: Hic Rhodus Hic salta.

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